08/06/02

48. Karate “Cancel/Sing” 2002. (mcd Southern, nuovo, € 6.10).
Molto si è detto del nuovo corso dei Karate. Come se, tra l’altro, di nuovo corso e non di evoluzione costante si trattasse. Oggetto del discutere e vera linea di confine tra fans e detrattori, gli assoli di Geoff slowhand Farina. Certo le lunghe jam dei tre possono annoiare, e fin qui vi seguo, ma se si riduce il tutto ai minimi termini del “una volta erano meglio, adesso sembrano Pino Daniele”, beh, si pecca di superficialità. Non si vede, per esempio, la musica attuale della band come figlia di un flusso, di un’evoluzione naturale e spontanea. Forse che siamo troppo abituati a stili pianificati a tavolino e a gruppi che decidono di essere in un certo modo? Una superficialità spesso e volentieri accompagnata dal vezzo molto hipster di non seguire più un gruppo oltre il secondo album e passare oltre. Si salvano giusto i Fugazi, ma non ne sarei nemmeno troppo sicuro.
La voce e i testi di Farina, l’entusiasmo e l’aver creato un suono unico ed immediatamente riconoscibile rendono i Karate uno dei gruppi cardine degli anni ’90, e garantiscono credito illimitato almeno per un altro decennio. Ma non ce n’è bisogno. Questo nuovo ep li vede sfogarsi in due lunghissimi brani: “Cancel”, poco più di undici minuti, potrebbe essere un brano di “Unsolved” ulteriormente dilatato, basato su un classico andamento Goddard/McCarthy e integrato da una coda strumentale in crescendo e quindi in dissolvendo. “Sing”, poco meno di quindici minuti, pare invece più sperimentale e meno legata alla forma-canzone, ma riserva più di una sorpresa, ed ha una progressione di accordi perfetta.
Sembrerà impossibile, ma i due pezzi non annoiano per nulla, e anzi rispetto ai rari momenti in cui l’ultimo album sembrava tirare un po’ troppo la corda si fanno ascoltare con persino più facilità. Grandi.

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