01/01/10

I walk the line



La notizia con la quale inauguriamo il nuovo anno (ma non il nuovo decennio, a quanto pare: porgo le mie scuse al compagno Marco Ricompensa per aver sostenuto la tesi contraria, con veemenza tale da sovrastare i Fuck Buttons che a pochi metri di distanza facevano un casino della madonna) arriva dal Messico, e cavalca una linea molto sottile fra tragedia e farsa.

Vedo oggi su Al Jazeera (ma scopro che il New York Times se ne era occupato già all'inizio del 2007) che in un eco-parco dello stato di Hidalgo, circa ottanta km a nord di Città del Messico e circa un migliaio a sud del confine con gli Stati Uniti, territorio degli indios Hñahñu, grazie a fondi del governo centrale messicano viene organizzata una caminata nocturna unica nel suo genere: una scarpinata di quattro ore che simula nei minimi particolari quella dei migranti che attraversano a piedi e illegalmente la frontiera con gli States. Ci sono le guide mascherate nelle mani delle quali metti la vita tua e della tua famiglia, ci sono i finti poliziotti americani cattivi, i finti colpi di pistola e chissà, magari anche le finte milizie di bravi cittadini che pattugliano le sponde del Rio Grande.
Il tutto a beneficio dei turisti, che pagano una quindicina di euro per il brivido, e hanno reso la traversata la maggiore attrazione del parco, nonostante cascate, rafting e bungalow con tetto in foglie di agave. Detta così, la distanza da quelli che si fermano a guardare gli incidenti stradali sembra minima, e il grottesco dietro l'angolo. Improbabile, inoltre, che la messa in scena sia stata organizzata con il fine non troppo nascosto di dissuadere i possibili migranti: chi si prepara a scappare non dovrebbe avere voglia e soldi da sprecare nelle prove generali, e non dovrebbe essere disposto a cambiare idea dopo una scampagnata con qualche gringo e qualche radical di città.

C'è una terza possibilità però, ed è quella dell'informazione e dell'omaggio. "L'idea," dice Poncho, una delle guide, "è di aumentare la consapevolezza della gente su ciò che devono sopportare i migranti. Esserlo non è certo fonte di orgoglio: abbandoniamo la nostra famiglia, la nostra lingua, la nostra terra. Perdiamo il nostro senso di comunità." Gli Hñahñu stessi ne sanno qualcosa: un terzo di loro vive ancora qui, gli altri due terzi oltre confine.
Così la caminata nocturna acquista effettivamente un senso, anche se forse ne avrebbe di più se organizzata dall'altra parte della frontiera, in Texas o in California. O se resa obbligatoria come gita scolastica. Ma l'intenzione resta buona, e la possibile applicazione ad altre realtà simili molto affascinante: non augureremmo forse la tratta Tripoli-Lampedusa (comprensiva di: un paio di anni per attraversare il Sahara; detenzione con botte, stupro e lavori forzati nei campi di prigionia libici; internamento in un CIE per "consentire accertamenti sull'identità di persone trattenute in vista di una possibile espulsione" o, a scelta, respingimento in mare aperto) a Bossi, Maroni, Calderoli, Salvini, Cota, Borghezio e a tanti leghisti non necessariamente dichiarati, di destra e di sinistra, con i quali abbiamo a che fare ogni giorno?
Anche finta, con le onde marine simulate come nei parchi acquatici e un calabrese a fare il maresciallo libico, ma sai che spasso?



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